A Susa, presso il Centro Beato Rosaz, a partire dal giugno 2017, è allestita una zona di accoglienza chiamato “Foyer Shalom” (letteralmente “rifugio di pace”) costituito da quattro piccoli alloggi, con sala e cucina comune. Vivono insieme agli ospiti accolti anche le due suore che lo gestiscono con cura e attenzione.
Lo scopo della struttura è accogliere temporaneamente persone straniere che provengono generalmente dai CAS (Centri di Accoglienza Straordinari), che devono imparare o perfezionare la lingua italiana, che devono trovare un lavoro, un alloggio e rendersi indipendenti per iniziare una vita in autonomia. Quindi non è un luogo di lunga permanenza ma di sostegno e di accompagnamento nell’inserimento.
L’origine storica della iniziativa del Foyer Shalom ha radici molto lontane nel tempo e nella storia della famiglia religiosa. Dopo soli due anni dalla morte del padre fondatore, nel 1905, le sue figlie si fecero “migranti” con i numerosissimi italiani costretti a cercare pane e dignità in altri Paesi, lasciando la loro patria ed emigrando. Li seguirono a Ginevra, in Svizzera, per accoglierli, seguirli ed aiutarli nel faticoso inserimento.
Fin da allora, e ancora oggi, accogliere seguire ed aiutare coloro che sono costretti, per svariati tragici motivi, a lasciare la loro patria in cerca di una possibilità di vita, è una caratteristica fondamentale del carisma del Beato Rosaz.
Oggi a Ginevra, dove le suore sono state presenti per ben 111 anni, le famiglie di emigrati italiani, che le ricordano con stima e riconoscenza, hanno avuto l’iniziativa di costituire un’Associazione per sostenere il Foyer. Gli amici benefattori dalla Svizzera sono numerosi, sono regolarmente informati di quel che si vive al Foyer Shalom con un bollettino d’informazioni e ogni tanto ci si incontra per rinforzare i legami con le famiglie, visitare gli anziani e i malati, pregare insieme in una celebrazione in lingua italiana e in francese e ritrovarsi poi, in un momento di gioia e di condivisione, per rivedere i bambini che si fanno adolescenti e i “papà” che diventano “nonni”.